Le temperature impennano a causa anche del cambiamento climatico e mettono a dura prova soprattutto i grandi centri urbani. LArchitettura e urbanistica possono dare risposte concrete riscoprendo soluzioni antiche e trasformandole in innovazione sostenibile: il raffrescamento passivo si afferma come pilastro per edifici a basso impatto e città a emissioni quasi zero.
Numeri alla mano le ondate di calore nelle città europee si sono moltiplicate e il trend non dà cenni di affievolimento, anzi. Le fasce di popolazione anziane, povere e più fragili sono le più esposte, ma tutti ne stanno risentendo, in ogni attività quotidiana. I condizionatori hanno un pesante impatto in fatto di consumi e non risolvono il problema ma lo spostano fuori dalle abitazioni, mettendolo all’esterno e rendendo ancor più roventi le zone densamente popolate. Un’alternativa esiste, silenziosa, invisibile, con profonde radici storiche e straordinariamente efficace: il raffrescamento passivo. Questa strategia architettonica sfrutta le risorse naturali – sole, vento, materiali – per mantenere il comfort termico negli ambienti interni senza consumo energetico. Non è fantascienza, ma una pratica collaudata che fonde saperi antichi e tecnologie moderne, oggi sempre più centrale nell’edilizia sostenibile.
Il ritorno dell’architettura che respira
Il principio è semplice: anziché combattere il caldo con ampio spreco di energia artificiale, lo si anticipa e gestisce attraverso una progettazione intelligente. In questo senso, il raffrescamento passivo può includere:
- Ombreggiamento di finestre e pareti con alberi, frangisole, tende o pergolati;
- Ventilazione naturale che sfrutta correnti d’aria e l’effetto camino;
- Materiali ad alta inerzia termica che assorbono calore durante il giorno e lo rilasciano di notte;
- Tetti verdi e superfici riflettenti, per limitare l’accumulo termico;
- Raffrescamento evaporativo tramite specchi d’acqua o pareti vegetali.
Non sono servite approfondite ricerche tecnologiche per trovare queste soluzioni, ma semplicemente sfogliare qualche libro di storia. Queste pratiche infatti affondano le radici nelle culture mediterranee, arabe e indiane: architetture che da secoli convivono con un clima che presenta estati molto calde, al quale si sono adattate perfettamente senza dover ricorrere a un utilizzo massivo di energia. Studiando queste pratiche e fondendole con le nuove conoscenze tecniche e tecnologiche è possibile creare abitazioni, quartieri e intere città che respirano grazie a una serie di accorgimenti progettuali che in sinergia riescono ad abbattere le temperature a consumo ed emissioni sostanzialmente nulli. Ecco alcuni esempi.
Passivhaus: la casa che autoregola la temperatura
Se c’è un modello che incarna la filosofia del raffrescamento passivo in chiave contemporanea, è la Passivhaus. Nata in Germania negli anni ’90, questa certificazione definisce edifici progettati per mantenere temperature confortevoli con minima energia aggiuntiva. La chiave? Un involucro super isolato, l’assenza di ponti termici, finestre ad alte prestazioni e una ventilazione meccanica con recupero di calore.
È proprio in estate, però, che entra in gioco il raffrescamento passivo: ventilazione notturna, ombreggiamento dinamico, tetti riflettenti o vegetali. Le Passivhaus sono progettate per non surriscaldarsi, anche senza aria condizionata. Il risultato è una casa che “si regola da sola”, offrendo benessere termico con consumi quasi nulli.
La città che si raffresca da sola: il caso Masdar City
il raffrescamento passivo è una soluzione efficace per le singole abitazioni, ma deve essere inserito nel giusto contesto per poter risolvere un un problema che è più ampio e coinvolge tutto il contesto metropolitano. A questo proposito sono state già messe sul campo delle risposte su scala urbana, che vanno ad integrarsi con quelle delle singole abitazioni. In questo modo il surriscaldamento verrà risolto sia internamente all’abitazione, che esternamente, andando a produrre un effetto moltiplicatore che produrrà benefici per tutti.. L’esempio più emblematico di queste nuove città è Masdar City, alle porte di Abu Dhabi. Progettata per essere la prima città a emissioni zero, integra numerose strategie di raffrescamento passivo:
- Strade strette e ombreggiate per ridurre l’irraggiamento solare;
- Torri del vento reinterpretate in chiave tecnologica per canalizzare aria fresca;
- Superfici ad alta riflettanza e tetti verdi;
- Ampia presenza di specchi d’acqua per il raffrescamento evaporativo.
Tutto è progettato per abbassare la temperatura percepita anche di 5-10°C rispetto alle città circostanti. Un’utopia urbana che guarda al futuro, ma ispirata alle logiche del passato.
Una risposta concreta alla crisi climatica
In un periodo in cui gli edifici sono responsabili di oltre il 40% dei consumi energetici mondiali, il raffrescamento passivo si impone come uno strumento cruciale per la transizione ecologica. Non solo riduce la dipendenza da impianti energivori, ma migliora anche la qualità della vita. Crea ambienti più salubri e spazi più vivibili. Le città dovranno essere pensate per evitare di diventare isole di calore. Servirà uno sforzo di rigenerazione urbanistica massiccio: città più verdi, meno asfalto e uso di tecniche che abbiamo già visto. A questo si collega, in modo reciproco, un lavoro architettonico sulle singole abitazioni, attraverso il raffrescamento passivo.
Così si potranno ottenere temperature più basse in tutto il territorio urbano. Contestualmente, anche gli ambienti interni beneficeranno di un raffrescamento naturale. Le abitazioni saranno in grado di regolare la temperatura senza l’uso di impianti di condizionamento.In questo modo si eviteranno molte conseguenze negative dei metodi tradizionali: sovraccarichi di rete, calore riflesso dalle facciate verso le strade, spreco di energia e uso eccessivo di combustibili fossili per produrla.
Mettere a sistema gli accorgimenti di edilizia passiva può produrre un cambiamento radicale del modo di pensare i luoghi che abitiamo, che in sinergia, può risolvere per sempre il problema delle ondate di calore urbane, senza sprechi di energia. In quest’ottica l’architettura (e urbanistica) passiva non sono più un’opzione “alternativa”, ma una necessità concreta. Le città e le case del futuro – che siano in pianura padana o nel deserto emiratino – dovranno saper raffreddarsi da sole, senza consumare.