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Edifici NZEB e ZEB: un nuovo modo di costruire il futuro

Edifici a consumo energetico (quasi) zero e senza emissioni di gas serra. È questo l’obiettivo dell’Unione europea. Da qui al 2030 la strada dell’edilizia seguirà un sentiero tanto ambizioso quanto denso di difficoltà, una strada a tappe che, secondo i piani della Commissione, deve culminare nel 2050 con l’obiettivo ultimo di un vecchio continente a emissioni zero. Per raggiungere la neutralità climatica l’edilizia gioca un ruolo fondamentale, si stima infatti che proprio a questo settore siano imputabili oltre un terzo delle emissioni dei gas serra dell’Ue. È dunque naturale che ridurre il consumo energetico nell’ottica di avere un parco edifici carbon neutral sia il mantra di questo percorso ed è per questo che il modello NZEB (Nearly Zero Energy Building) prima e ZEB (Zero Emission Building) poi, hanno rappresentato (e continuano a ribadire) una netta linea di demarcazione tra il passato e il futuro del settore delle costruzioni. 

Non si tratta più soltanto di rispondere a vincoli normativi o obblighi morali calati dall’alto: gli ZEB e NZEB sono la conseguenza pratica di un cambiamento di paradigma, frutto di un ripensamento profondo del modo in cui progettiamo, costruiamo, ristrutturiamo e viviamo gli spazi abitativi. Alla base, oltre ad una rinnovata e rafforzata coscienza ambientale, c’è anche una notevole maturazione tecnologica, progettuale e culturale, avvenuta negli ultimi anni, che coinvolge l’intero sistema sociale. 

Il primo obiettivo, già iniziato tra il 2018 e il 2020, una riduzione drastica dei consumi tramite la costruzione di edifici ad alte performance energetiche, alimentati in gran parte da rinnovabili (gli NZEB, appunto) ed il contemporaneo efficientamento energetico del patrimonio esistente, è in corso d’opera, con tempistiche e messe a terra differenti a seconda dei paesi. Nel frattempo però l’asticella si è già alzata. Qui entrano in gioco gli edifici ZEB (Zero Emission Buildings) che non solo riducono al minimo i consumi energetici primari, ma puntano ad eliminare del tutto le emissioni di CO₂ lungo l’intero ciclo di vita, includendo materiali, costruzione, manutenzione e dismissione. Dal 2028 ogni edificio pubblico di nuova costruzione dovrà essere ZEB e dal 2030 anche quelli privati, con conseguente adeguamento di quelli già esistenti. 

La definizione NZEB: oltre il requisito, un processo

È facile intuire come le sfide davanti a noi siano effettivamente epocali. Ma al di là della definizioni formali l’approccio NZEB e ZEB all’edilizia impone un cambio di prospettiva e visione generale: integrazione progettuale, analisi dinamiche delle prestazioni, scelta accurata dei materiali, valutazione dell’intero ciclo di vita e modellazione energetica avanzata sono strumenti imprescindibili per ottenere risultati coerenti.

La strada per espandere il processo di cambiamento nella costruzione e ristrutturazione degli edifici e la conseguente conformazione del quadro legislativo è in effetti piuttosto in salita. Come emerso da uno studio pubblicato su Energy Strategy Reviews nel 2021, il percorso di applicazione su larga scala del concetto NZEB e ZEB in Europa è decisamente lento e frammentato a seconda della collocazione geografica, con disparità significative nei requisiti minimi di performance e nelle strategie per le rinnovabili. In Italia, per esempio, resta ancora ampio il margine di miglioramento in particolare nei piani per la ristrutturazione del patrimonio esistente, particolarmente vetusto in un Paese come il nostro con iter che spesso incontra ostacoli nella burocrazia della Pubblica Amministrazione.

Tecnologia, clima e comportamento: la triade della performance

Un punto nodale nel comprendere l’approccio NZEB e ZEB sta nell’evitare di ridurlo ad una semplice questione energetica. Non si tratta meramente di aumentare lo spessore dell’isolamento o installare pannelli fotovoltaici o stare attenti ai materiali usati per costruire, ma di prevedere un approccio olistico e sistemico che tenga conto di una moltitudine di fattori: dal clima locale, alle abitudini degli utenti, dall’integrazione tecnologica e domotica fino ad un corretto calcolo dell’impronta ecologica lungo tutto il ciclo di vita. Una review pubblicata su Cleaner Engineering and Technology nel 2022 pone l’accento su come le migliori prestazioni derivino da edifici che riescono a ridurre al minimo i carichi energetici, sfruttando l’orientamento, la ventilazione naturale e i materiali ad alta inerzia termica, prima ancora di intervenire dal punto di vista energetico ed impiantistico.

A coadiuvare questo tipo di implementazione passiva poi arriva la tecnologia. Grazie ai moderni sistemi di rilevamento e simulazione termodinamica, al giorno d’oggi, è possibile prevedere con profondissima accuratezza il comportamento dell’edificio in esercizio. Questo permette di intervenire sempre più a monte nella progettazione, attuando un approccio di tipo predittivo e adattivo sin dai primi momenti dell’ideazione dell’edificio.

House Zero: stampa 3D e architettura bioclimatica

Un esempio pionieristico di edificio NZEB e ZEB è House Zero, realizzata ad Austin, Texas, da ICON e dal Center for Design Research della University of Texas. Si tratta di una residenza unifamiliare interamente stampata in 3D, concepita per rispondere ai criteri di efficienza, durabilità e comfort senza sacrificare il design architettonico.

La struttura portante è realizzata con Lavacrete, una miscela cementizia sviluppata per massimizzare inerzia termica e isolamento, riducendo anche tempi e sprechi di cantiere. Il design dell’involucro, con aperture studiate per la ventilazione incrociata e l’illuminazione naturale, unito a un sistema fotovoltaico integrato, consente un funzionamento quasi totalmente autonomo dal punto di vista energetico.

House Zero non è solo un prototipo abitabile: è anche una piattaforma sperimentale per testare modelli abitativi scalabili, con un forte potenziale per il settore residenziale urbano, anche grazie ai bassi costi di produzione della stampa 3D. In contesti con scarsità abitativa e pressioni climatiche elevate, rappresenta un’alternativa concreta alla costruzione convenzionale.

Da NZEB a ZEB: la strada verso le emissioni zero

Nella direttiva del 2024 dell’Unione europea sulle prestazione energetiche nell’edilizia,  il concetto di NZEB è stato integrato evolvendosi verso il modello ZEB (Zero Emission Buildings) che, all’efficienza energetica, aggiunge il concetto di azzeramento dell’impronta carbonica dell’intero ciclo di vita. Se gli NZEB dunque puntano a ridurre il consumo energetico operativo al minimo e a coprirlo con fonti rinnovabili, i ZEB alzano il tiro puntando all’eliminazione totale delle emissioni di CO₂ del parco edilizio. Attraverso l’approccio ZEB dunque si allarga la lente e, oltre all’efficientamento delle prestazioni energetiche e all’utilizzo il più possibile di fonti rinnovabili locali, si analizzano anche altri fattori cruciali per calcolare l’impronta energetica di una costruzione come la produzione, il trasporto dei materiali (“cradle-to-site”) e la manutenzione e sostituzioni lungo il ciclo di vita.

L’obiettivo è quello di calcolare il quadro complessivo delle emissioni in ogni fase di esistenza dell’edificio tramite il modello LCA (Life Cycle Assessment), nella cosiddetta forma dalla culla alla tomba (from cradle to grave), dalla progettazione fino alla demolizione, oppure dalla culla alla culla (from cradle to cradle) in caso di ristrutturazione. Questo ulteriore passo in avanti nella valutazione permette agli edifici ZEB non solo di valutare l’impatto climatico complessivo, ma apre anche la strada a una serie di valutazioni aggiuntive per la costruzione di edifici come per esempio la scelta dei materiali che negli NZEB possono non essere necessariamente a basso impatto, mentre nei ZEB si privilegiano materiali biobased, riciclati, riutilizzabili e con energia incorporata minima (come legno ingegnerizzato, terra cruda, calcestruzzi low-carbon). Gli edifici ZEB, inoltre, adottano un bilancio dinamico tra produzione energetica, consumo e il contributo effettivo delle rinnovabili in rete, secondo modelli più avanzati rispetto ai criteri NZEB. Questo permette ai nuovi edifici di poter essere integrati in rete, essendo pensati per essere interattivi ed interconnessi contribuendo alla flessibilità della rete elettrica tramite stoccaggio, domotica e demand response.

Uno scelta per la nostra casa comune

Il messaggio che arriva è chiaro: NZEB prima e ZEB poi sono obiettivi primari che scandiscono il presente e il futuro prossimo dell’edilizia, un settore che complessivamente è responsabile di una grossa fetta delle emissioni totali di gas serra globali. Non si tratta di un esperimento dunque, gli obiettivi scanditi dall’Unione europea sono già diventati un benchmark internazionale per il settore edilizio del futuro. Un cambio netto, una scelta forte che non si riduce all’efficientamento energetico o ad una serie di buone pratiche per ridurre i consumi, ma apre una nuova fase nel mondo della progettazione, una scelta politica e di salute pubblica che punta a integrare innovazione tecnologica, sostenibilità ambientale e comfort abitativo con lo scopo di vivere meglio e nel rispetto della nostra unica casa comune, il pianeta terra. 

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