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Brighton Waste House, dalla spazzatura nasce il domani dell’edilizia

Per poter costruire un domani sostenibile non è necessario avere a disposizione enormi budget o investire capitali in costose tecnologie di ultima generazione. Il punto di partenza per dare sostanza e visione a un progetto green è avere un’idea ben definita di futuro in mente e allo stesso tempo possedere gli strumenti operativi e le conoscenze adatte per poterla realizzare con mezzi finanziari accessibili ai più. Un fulgido esempio di questa prospettiva viene dall’east Sussex, precisamente dalla città marittima di Brighton dove, nell’omonima università, sorge un edificio perfettamente funzionante, confortevole ed agibile costruito quasi interamente con rifiuti riciclati. Non si tratta di un esperimento accademico passeggero, la Brighton Waste House è un vero e proprio manifesto di edilizia sostenibile e architettura circolare e manda un messaggio forte e chiaro: cambiare modo di costruire e di utilizzare le risorse a nostra disposizione non solo è possibile, ma abbiamo tutti i mezzi per renderlo alla portata di tutti.

Una pietra miliare per l’architettura sostenibile

La Waste House non nasce come una semplice progetto accademico o come un vacuo esercizio di stile in ottica green, ma come una lucida visione del futuro dell’abitare, un esempio vivido di come poter adottare un modello di costruzione circolare e renderlo realizzabile, funzionale, confortevole e abbordabile economicamente. A costruirla sono stati oltre 300 studenti dell’Università di Brighton e di City College Brighton & Hove, insieme a volontari, artigiani e imprese locali. Un processo fortemente radicato sul territorio, nato dal basso, condiviso, inclusivo e formativo. Un progetto avveniristico, ma estremamente concreto, dove teoria e pratica si intrecciano, con lo scopo non solo di far scuola per sostenibilità e circolarità delle risorse, ma di innescare un vero e proprio cambiamento culturale. 

Inaugurata nel 2014 nel campus dell’University of Brighton, la Waste House è il primo edificio permanente nel Regno Unito costruito per l’85% con materiali destinati alla discarica. 20.000 spazzolini usati, 2 tonnellate di jeans scartati, migliaia di videocassette, dischetti floppy, gusci di ostriche e persino moquette delle fiere londinesi. Attraverso una fitta rete di contatti sul territorio l’ateneo è stato in grado di ricevere rifiuti e oggetti di vario tipo da famiglie, aziende, cantieri edili locali. Non solo scarti domestici, ma anche oggetti difettosi e avanzi di cantiere che avrebbero terminato la loro vita nonostante potessere tranquillamente essere riutilizzati con un’ottima resa. Ogni oggetto è stato censito, catalogato, selezionato e riutilizzato seguendo i dogmi dell’economia circolare, dimostrando che anche ciò che è comunemente considerato un rifiuto può, in molti casi, avere un valore. 

Non si commetta però l’errore di ridurre il tutto a “costruire con rifiuti”: la Waste House è un edificio perfettamente funzionante, un prototipo abitabile e replicabile su vasta scala, efficiente dal punto di vista energetico e conforme alle normative edilizie vigenti. Un esempio fulgido di come sia possibile riorientare i nostri modelli produttivi, mutando la traiettoria di vita della maggior parte delle cose che ci circondano e che utilizziamo quotidianamente da lineare a circolare, trasformando un rifiuto in una materia prima. O come scrive la mente dietro la Waste House di Brighton – l’architetto Duncan Baker‑Brown: “non esiste il concetto di scarto, solo roba nel posto sbagliato”.

Come si progetta una casa fatta di “rifiuti”?

Andiamo ora ad indagare, entrando nei dettagli, come è stato possibile costruire un’abitazione usando come materie prime principalmente materiali di scarto. Innanzitutto è da chiarire come la Waste House abbia una percentuale di circa il 15% costruita con materiale nuovi. La struttura è stata infatti realizzata con un legno certificato FSC, dunque un materiale non riciclato, ma con provenienza garantita da enti terzi da foreste controllate. Attorno ad essa sono state assemblate pareti modulari riempite con materiali riciclati. Il progetto ha seguito i principi dell’architettura passiva, riducendo al minimo i consumi energetici grazie a:

  • Orientamento solare ottimizzato, con vetrate a sud e minime aperture a nord; 
  • Isolamento termico ad alta efficienza: i materiali di recupero (jeans, moquette, trapunte) offrono ottimi valori di trasmittanza (U-value); 
  • Ventilazione naturale controllata con flussi incrociati e aperture regolabili; 
  • Tetto verde, che migliora l’isolamento estivo e favorisce la biodiversità urbana; 
  • Vetri doppi basso emissivi per trattenere il calore interno. 

Inoltre, all’interno sono stati implementati una serie di sensori ambientali per il controllo di umidità, qualità dell’aria e performance energetiche che permettono, secondo le stime universitarie, di ridurre l’impronta ecologica del 90% rispetto alle costruzioni convenzionali, con emissioni estremamente basse, quasi nulle nei mesi caldi e temperati. La grande disponibilità di dati ha fatto emergere le ottime prestazioni di isolamento termico e coibentazione dei materiali riciclati utilizzati, rendendo per altro possibile ulteriori miglioramenti nel tempo per quanto riguardo l’efficienza energetica.

L’innovazione vera viene dal basso

In un contesto in cui l’edilizia è tra le industrie più impattanti del pianeta, la Brighton Waste House rappresenta molto più di un esperimento universitario, si tratta infatti di un’alternativa concreta, misurabile, migliorabile e replicabile. Il tutto inoltre, senza esborsi economici proibitivi o costose implementazioni hi-tech, ma semplicemente ripensando interamente il nostro modo di intendere e progettare un’abitazione a monte.

La Waste House di Brighton può rappresentare un primo importante passo verso un netto cambio nella sensibilità di chi pensa e progetta le città. Dimostra che un’alternativa è possibile e, passo passo, è percorribile già con i mezzi odierni, basta riuscire a interiorizzare la forma mentis che ispira questo progetto. Il primo passo infatti non è nemmeno una questione ecologica, ma un vero e proprio cambiamento culturale: coinvolgere studenti, designer, cittadini e operai in un progetto comune significa spostare l’idea di edilizia dal dominio di un approccio esclusivamente lucrativo basato sul profitto proveniente dall’alto a un modello nuovo in cui più attori disinteressati partecipano, dal basso.

Il vero impatto? Cambiare mentalità

Oggi la Waste House è una testimonianza architettonica, un casa-museo dove apprendere un modello a cui ispirarsi per costruire un futuro differente. Il suo messaggio non è solo ambientale, ma anche sociale e politico: l’economia circolare non è un’opzione per il futuro, è una necessità per il presente.

Intanto negli anni la casa è diventata un vero e proprio santuario della sostenibilità, un living lab per l’innovazione: ospita seminari, installazioni, tesi di laurea e workshop sul riuso dei materiali, l’efficienza energetica e la biodiversità urbana. 

Forse l’insegnamento più profondo della Waste House è che non dobbiamo aspettare la prossima tecnologia per costruire un mondo migliore, ma nemmeno perdere tempo. Per farlo abbiamo tutto ciò che ci serve già a nostra disposizione, dobbiamo solo stare attenti a non “buttare nel cestino” la nostra occasione. 

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